Socrate andava di tanto in tanto al mercato per vedere quanto fosse grande il numero delle cose di cui NON aveva bisogno.
Le frasi di questo post sono tratte dal libro DePILiamoci di Roberto Lorusso e Nello De Padova. Non si tratta di un suggerimento in vista dell’estate, ma di “un invito a uscire dal pantano in cui ci ha cacciati il consumismo fine a se stesso e andare oltre”.
Il titolo continua infatti “Liberarsi dal PIL superfluo e vivere felici“.
Cos’è il PIL? Il prodotto interno lordo misura il valore monetario degli oggetti e dei servizi scambiati con denaro, detti perciò merci. Ma non tutti i beni sono merci. La proposta suggerita in questo libro è quella di aumentare la produzione di beni (che stanno a significare capacità, ordine, misura, sobrietà) e ridurre quella delle merci (incapacità, disordine, dismisura, esagerazione).
Il problema è che le attività che producono beni e non merci (quindi svolte non in cambio di denaro) non sono considerate lavorative. Il concetto di lavoro è stato ridotto al concetto di occupazione ed è stato contestualmente svincolato dal concetto di utilità.
Il fenomeno del consumismo di cui siamo protagonisti, ormai da diversi anni, ci vede tutti impegnati in una corsa senza ostacoli all’avere anzichè all’essere. Il desiderio sfrenato di possedere per consumare e divertirsi consumando, ci impedisce di riconoscere e distinguere chiaramente i nostri reali bisogni e le forme, antiche e nuove, con le quali vanno soddisfatti.
Bisognerebbe invece tentare di diffondere un’idea di ricchezza non più fatta di cemento, asfalto, plastiche, oggetti, ma di servizi, informazione, produzione limitate in peso ma alte in valore.
La verità è che “più sappiamo fare e meno bisogno abbiamo di merci. La vera ricchezza continua a essere quella del saper fare e non quella basata sul denaro per poter acquistare merci”.
Ciascuno di noi è ricco in proporzione al numero delle cose delle quali può fare a meno (Henry David Thoreau).